Avete sentito l'ultima novità? Da domani nelle librerie sarà presente il nuovo libro di Daniel Pennac, intitolato "Diario di scuola".
A me incuriosisce parecchio...non so se l'avete visto intervistato stasera al TG1 delle 20,00. Ha detto che gli elementi più importanti per un buon insegnamento sono: avere passione per la propria materia, desiderare di trasmettere agli altri il proprio sapere, e voler bene ai propri studenti. Ecco, io direi... tre chicche d'oro. Che ne pensate?
Questa è la recensione del nuovo libro che ho trovato su IBS. Dateci un'occhiata!
Da una parte il più bel mestiere del mondo (l’insegnamento) dall’altra il critico più severo, l’alunno recalcitrante e scaldabanco. Una delle più intense, travolgenti, severe riflessioni sulla scuola condotta da Daniel Pennac, uno scrittore che ha “militato” su entrambe le barricate.
Diario di scuola affronta il grande tema della scuola dal punto di vista degli alunni. In verità dicendo “alunni” si dice qualcosa di troppo vago: qui è in gioco il punto di vista degli “sfaticati”, dei “fannulloni”, degli “scavezzacollo”, dei “cattivi soggetti”, insomma di quelli che vanno male a scuola. Pennac, ex scaldabanco lui stesso, studia questa figura popolare e ampiamente diffusa dandogli nobiltà, restituendogli anche il peso d’angoscia e di dolore che gli appartiene. Il libro mescola ricordi autobiografici e riflessioni sulla pedagogia, sulle universali disfunzioni dell’istituto scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla devastazione introdotta dal giovanilismo, sul ruolo della televisione e di tutte le declinazioni dei media contemporanei. E da questo rovistare nel “mal di scuola” che attraversa con vitalissima continuità i vagabondaggi narrativi di Pennac vediamo anche spuntare una non mai sedata sete di sapere e d’imparare che contrariamente ai più triti luoghi comuni, anima – secondo Pennac – i giovani di oggi come quelli di ieri. Con la solita verve, l’autore della saga dei Malaussène movimenta riflessioni e affondi teorici con episodi buffi o toccanti, e colloca la nozione di amore, così ferocemente avversata, al centro della relazione pedagogica.
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